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L’IA nell’evoluzione umana

Protagonista assoluta della nostra attualità, l’Intelligenza Artificiale (IA) è oggi un tema molto dibattuto. Permeando ogni aspetto della nostra vita, è arrivata ad occupare l’intera scena mondiale interessando trasversalmente ogni ambito della società.
Attualmente sono due le posizioni che si fronteggiano. Da un lato, c’è chi pensa con entusiasmo che l’IA sia l’invenzione più sensazionale che l’essere umano possa aver compiuto; dall’altro, c’è invece chi pessimisticamente sostiene che potrebbe portare la razza umana all’estinzione. Il rischio estinzione umanitaria è il motivo che anima il dibattito di filosofi e scienziati che non nascondono i loro timori di fronte alla diffusione di queste macchine sempre più avanzate. Il timore da essi paventato è che tali dispositivi sviluppino una volontà propria, in contrasto con quella umana, come già supponeva nell’ottobre 2016 l’astrofisico Stephen Hawking in un’intervista rilasciata alla BBC: constatando che l’evoluzione tecnologica si stava rivelando molto più veloce di quella biologica, lo scienziato britannico prevedeva un futuro in cui le macchine avrebbero potuto sviluppare l’autocoscienza e sopraffare la razza umana.

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Ovviamente, questo fantascientifico scenario è troppo estremo affinchè possa verificarsi, ma è certo che il progresso tecnologico che avanza in marcia trionfale non deve tradursi in una sorta di ‘deificazione’ della tecnologia: nell’eterna sfida di sé stesso con un’entità creatrice trascendente, l’uomo ha da sempre inseguito l’illusione di potersi appropriare di quella superiore energia generatrice per impadronirsi delle cose e adattare il mondo alle proprie esigenze. Già da tempo gli essere umani pensavano a sistemi in grado di emulare il comportamento umano: plasmare un’intelligenza autonoma realizzando automi senzienti a propria immagine e somiglianza, è sempre stato un obiettivo seducente. Ebbene, qualcosa di simile si è compiuto di recente. Il 21 mar 2025 la Camera di Commercio di Roma ha presentato ufficialmente Adriano, un simpatico robot: il primo dipendente robotico della Pubblica Amministrazione italiana, pronto ad innovare l’accoglienza dei visitatori del Tempio di Vibia Sabina e di Adriano, fornendo informazioni di base sulla Camera di Commercio e facilitando l’accesso ai servizi.

Opportunità e sfide

Le elevate potenzialità dell’IA sono ben note. La sua capacità di automatizzare compiti complessi e di generare nuove informazioni ha portato ad un progresso senza precedenti in molti campi. Attività che in passato si ritenevano eseguibili dalla sola intelligenza umana, non solo possono oggi essere svolte con successo dall’IA, ma la sua applicazione in molteplici ambiti strategici -robotica, tecnologia dell’informazione, attrezzature aerospaziali- ne fa un veicolo di potenziamento della produttività industriale civile e militare. Per non parlare delle sue applicazioni in campo medico e ai vantaggi che scaturiscono dal suo utilizzo. Si consideri, per esempio, l’assistenza cognitiva che questi sistemi automatizzati sono in grado di fornire per classificare determinate patologie ed individuare correlazioni tra i sintomi e le possibili diagnosi, oltre alla riduzione dei tempi necessari per lo svolgimento di attività di routine. Non si può, comunque, sorvolare sulle allucinazioni e le illusioni che, a dispetto di ogni buona volontà individuale, si coagulano attorno a questo nuovo protagonista della nostra attualità.

Il lato oscuro dell’AI

Venerata da taluni come un idolo per la strabiliante innovazione tecnologica introdotta, l’IA rifulge, ma è anche capace di accecare. Soprattutto gli adolescenti. L’IA presenta, infatti, un rischio elevato per lo sviluppo delle giovani menti e la gestione delle emozioni: il cervello degli adolescenti, non ancora pienamente sviluppato, non è in grado di percepire distintamente la realtà dalla fantasia, e ciò li rende facilmente vulnerabili alle manipolazioni tecnologiche. Uno dei preconcetti più diffusi è l’idea che,

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essendo nativi digitali, gli adolescenti siano capaci di gestire autonomamente il rapporto con il mondo digitale. La verità è che i ragazzi compresi in questa fascia d’età non ne comprendono appieno i rischi e le implicazioni. Pertanto necessitano di una protezione specifica e di un’attenzione consapevole, in modo che le tecnologie digitali non diventino per loro strumenti di esclusione, manipolazione o potenziale danno. E qui entra in gioco il ruolo cruciale degli adulti, in particolare dei docenti: la scuola deve dotare i giovani di conoscenze di base per comprendere e usare in modo informato, attivo e partecipato questa emergente tecnologia, senza subirne passivamente la fascinazione. Acquisire una buona conoscenza del funzionamento di questa innovazione tecnologica, degli algoritmi di cui si serve e delle loro reali applicazioni, comprendere in che modo l’IA potrebbe evolversi e fino a che punto possano giungere i suoi effettivi sviluppi, risulta essenziale: la conoscenza è l’unica arma per proteggersi dai pericoli che si insinuano nel web e poter navigare con sicurezza nel complesso universo dominato dall’IA.
Non ha, pertanto, destato sorprese l’idea che l’IA possa ben presto entrare a far parte delle materie di studio nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, come illustrato nel Disegno di Legge (DDL C.1832) recentemente assegnato alla 7^ Commissione della Camera. La proposta di legge prevede, infatti, sia l’introduzione in seno all’orario scolastico settimanale di un’ora d’insegnamento dell’IA da affidare ai docenti delle materie STEM (matematica, fisica, scienze, informatica) con l’ausilio di esperti esterni per approfondire i contenuti più tecnici, sia l’istituzione di percorsi di formazione destinati ai docenti stessi, in modo da garantire loro una preparazione specifica e aggiornata.

Iperfunzionalismo e dipendenza

C’è però un altro aspetto, meno evidente ma altrettanto preoccupante, che gli esperti mettono in evidenza: adottando comportamenti schematici dettati dalla sovraesposizione all’IA, che possibilità hanno i nostri giovani -ignati fruitori- di vedere sminuita la loro capacità di esercitare un ruolo attivo, propositivo e critico nel processo decisionale, perdendo così il controllo della propria vita?

Foto di Mircea Iancu da Pixabay

Che l’azione educativa possa essere allontanata dalla sua originaria missione -sviluppo del pensiero critico e dell’autonomia intellettuale- riducendola ad un processo standardizzato, è impensabile, così com’è inconcepibile che si possa sostituire il ruolo impareggiabile degli educatori. Per mantenere un equilibrio tra l’applicazione tecnologica e la natura intrinsecamente umana dell’apprendimento, è necessario non perdere di vista i grandi valori dell’umanesimo. E’ per questa ragione che, unitamente ad un’esortazione sull’utilizzo didattico dell’IA, il Ministro dell’Istruzione Valditara ha avvalorato la scelta di puntare al recupero di una materia del ‘passato’ come il latino (è scomparso dai curricula della scuola italiana nel 1978) per uscire dall’anonimizzazione imposta dal digitale e stabilire un ponte con le radici della nostra cultura nazionale e la nostra vera identità.

Rilanciare il codice genetico della nostra lingua

Pur non avendo un’implicazione pratica, come può essere l’insegnamento di una lingua straniera, il latino -da molti considerato una lingua morta e improduttiva- risulta utile per la formazione della persona umana: conoscerne gli elementi base è fondamentale per dilatare gli orizzonti linguistici, sviluppare lo spirito critico e incrementare la logica con cui gestire le informazioni complesse e il problem solving. Ma oltre a maturare competenze trasversali in grado di aprire nuove prospettive, il latino fungerebbe anche da apparato immunitario per neutralizzare la deriva comunicativa indotta dagli idiomi del linguaggio odierno che, rispondendo al criterio della semplificazione, dell’intuitività rapida e del primato delle immagini a discapito della discorsività delle parole, hanno condotto ad un impoverimento del lessico e ad una scarsa competenza argomentativa. Ecco allora che, a decorrere dall’a.s.2026/27, un nuovo acronimo caratterizzerà il curricolo delle classi seconde e terze della scuola secondaria di primo grado: il LEL, ovvero il Latino per l’Educazione Linguistica, nell’intento di favorire una conoscenza più approfondita della nostra lingua, innalzare la qualità espressiva degli studenti e incoraggiare la conoscenza del passato come opportunità per comprendere il presente ed orientarsi nei tempi a venire. Perchè il segreto per potersi volgere con fiducia al futuro è voltarsi indietro: se non abbiamo la consapevolezza di chi siamo, di quali sono le nostre radici e i valori elaborati dalla nostra civiltà, non riusciremo mai a procedere verso un solido futuro.


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Angela Gadducci
Author: Angela Gadducci

Angela Gadducci è una professoressa con incarico articoli per la sezione etica e società ma anche storia e cultura. Già Dirigente scolastica e Coordinatrice di Attività di Ricerca didattica presso le Università di Pisa e Firenze, è autrice di articoli e libri di politica scolastica. Significative le sue collaborazioni con le riviste Scuola italiana Moderna, Scuola 7, Continuità e Scuola, Rassegna dell’Istruzione, Opinioni Nuove, Il Mondo SMCE.

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