Povertà e disagio minorile
E’ una tendenza che allarma. La povertà in Italia è in aumento ed è emergenza. Lo si desume dal panorama sulle condizioni di vita della popolazione italiana, stilato dall’ISTAT nel maggio 2025, con riferimento all’anno appena trascorso. Tramite l’indagine statistica EU SILC (Statistics on Income and Living Conditions) su “Popolazione e società” il Rapporto, giunto alla sua 33^ edizione, raccoglie informazioni sul reddito e sulle condizioni di vita delle famiglie italiane dipingendo un quadro informativo del nostro Paese caratterizzato da crescita economica debole, invecchiamento della popolazione e aumento della povertà. Sono queste le principali sfide del nostro tempo, quelle che l’Italia sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni.
Il volto della povertà
Povertà è la condizione di chi, vivendo al di sotto di uno standard di vita minimamente accettabile, non possiede le risorse materiali per assicurarsi dignitose condizioni di vita. Anche i giovani ne risultano coinvolti, in particolare la popolazione dei minori che rappresenta, paradossalmente, la fascia di umanità a cui si ritiene di dover garantire condizioni di vita idonee a favorire la crescita. La povertà minorile in Italia è un fenomeno complesso che affonda le sue radici nei contesti familiari di provenienza: le famiglie in cui il minore vive non dispongono spesso degli strumenti idonei ad offrirgli un sostegno sicuro per favorire la sua normale evoluzione culturale e sociale. Ecco allora che lo svantaggio economico -scarse possibilità di accedere a beni e servizi- e la conseguente mancanza di opportunità per sperimentare e sviluppare capacità, talenti e aspirazioni, li pervade risucchiandoli nell’inevitabile gorgo dell’esclusione sociale e dell’emarginazione.

E’ inesorabile e profondo il legame che sussiste tra povertà minorile e povertà futura: i bambini che crescono in famiglie con difficoltà economiche corrono un rischio più elevato di vivere in povertà da adulti, rispetto a coetanei provenienti da famiglie più abbienti. Un fenomeno di trasmissione intergenerazionale particolarmente marcato in Italia, dove si è costretti a confrontarsi con dati per nulla incoraggianti: un importante numero di bambini, tuttora deprivato dei diritti fondamentali (nel 2024 il 57,8% dei bambini tra 0 e 2 anni non frequentava i servizi educativi per l’infanzia, asili nido e scuole materne), vive in condizioni inaccettabili che compromettono anche il loro diritto ad un futuro migliore. Siamo di fronte al dilagante fenomeno della povertà educativa che accompagna e aggrava le situazioni di deprivazione di beni e servizi primari.
Povertà educativa e nuove responsabilità
La mancanza di opportunità apprenditive, educative e culturali riguarda tanti bambini e adolescenti, spesso provenienti da famiglie a basso reddito e immersi in contesti di svantaggio sociale che minano il diritto dei minori alla propria realizzazione e gratificazione personale: le ristrettezze economiche, costituendo un ostacolo oggettivo, limitano il loro accesso anche alle risorse culturali e educative. Si tratta di ragazzi che, derubati dei loro sogni, delle loro ambizioni, di un futuro più consono alle loro attitudini e capacità, si vedono precludere il diritto di crescere, apprendere, sperimentare, far sbocciare liberamente talenti e aspirazioni, svilupparsi, formarsi. Provenendo da famiglie svantaggiate, risultano esclusi, sia da occasioni di incontro con i pari come la fruizione di aree comuni riservate al gioco, alle attività sportive e ricreative, sia dalla possibilità di cimentarsi con le arti e la musica, di frequentare mostre, musei, cinema e teatri.
Anche nei Paesi ad economia avanzata e con una considerevole industrializzazione si può assistere a fenomeni di marginalità sociale e di povertà. In Italia, ad esempio, la condizione di povertà è più diffusa di quanto si possa immaginare. L’ultimo Rapporto ISTAT, replicando il modulo già inserito nel questionario di indagine del 2017 e del 2021, approfondisce sulle condizioni di vita dei minori al di sotto dei 16 anni. Gli indicatori, previsti dal Regolamento europeo n.1700/2019 relativo alle statistiche europee su persone e famiglie fondate su dati desunti da campioni, sono incentrati sul reddito e sull’esclusione sociale con un approccio multidimensionale al problema e un’attenzione particolare agli aspetti di deprivazione materiale. L’esemplare assunto a campione è costituito dalle famiglie residenti in Italia al momento dell’intervista, in seno alle quali sono state prese in esame solo le persone di età inferiore ai 16 anni. L’indagine, fondata sugli indicatori “Strategia Europa 2030”, rappresenta la percentuale di persone che vivono in famiglie caratterizzate da almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale e sociale, bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale costituisce, tra quelli utilizzati per monitorare i progressi dell’Unione Europea verso gli obiettivi fissati per il 2030, un indicatore composito, multifattoriale, risultante da processi che limitano il sacrosanto diritto dei ragazzi, non solo al soddisfacimento dei primari bisogni di alimentazione, salute e sicurezza, ma anche ad un adeguato livello educativo e formativo.
Povertà e disparità territoriali
In base alle rilevazioni ISTAT 2025, il 26,7% dei bambini e ragazzi europei di età inferiore ai 16 anni (circa 2milioni 68mila minori) vive in famiglie a rischio di povertà o esclusione sociale, a fronte del 23,1% calcolato sul complesso della popolazione residente in Italia (circa 13 milioni 525mila persone).

In Italia 1 minore su 4 vive in condizioni di grave deprivazione materiale ed educativa e di esclusione sociale, una realtà che evidenzia profonde diseguaglianze territoriali e sociali. Nonostante alcuni segnali di miglioramento rispetto al 2021 che riflettono un generale andamento positivo del mercato del lavoro, l’indagine fotografa una situazione di estrema e complessa criticità: l’indicatore di grave deprivazione materiale e sociale segnala che l’11,7% dei minori italiani -in questa categoria rientrano bambini che non possono permettersi abiti nuovi, attività ricreative o una vacanza lontano da casa- versa in una situazione di grave deprivazione, un dato leggermente inferiore rispetto alla media europea che si attesta al 13,6%.
Già di per sé allarmante, la condizione si aggrava ulteriormente nelle regioni del Mezzogiorno dove la quota schizza al 43,6%, mentre nel Nord Italia la percentuale si arresta al 14,3%, evidenziando il netto divario che continua tuttora a penalizzare le aree più fragili del Paese. Preoccupante anche il dato sull’insicurezza alimentare: quasi il 5% dei minori vive in famiglie che non riescono a garantire ai figli un pasto proteico al giorno; particolarmente grave la situazione al Sud e nelle Isole, dove la quota raggiunge l’8,9%.
Anche il tipo di struttura familiare incide sul rischio povertà. Sono le famiglie più numerose a dover affrontare maggiori difficoltà economiche e sociali, con ripercussioni dirette sulle opportunità e sul benessere dei più giovani: per i minori che vivono con entrambi i genitori in assenza di fratelli, l’indicatore è pari al 18,1%, mentre sale al 26,2% se ne è presente almeno uno. Se invece il minore vive in una famiglia monogenitoriale in assenza di fratelli, il rischio povertà o esclusione sociale si attesta al 38,3%, mentre sale al 53,3% nel caso in cui il minore viva con un solo genitore ma con due o più fratelli.
Particolarmente critica la situazione dei minori stranieri: il rischio di povertà o esclusione sociale resta elevato soprattutto per i bambini e ragazzi con background migratorio. La quota di chi vive in condizioni di vulnerabilità si attesta ad un livello pari al 43,6%, superando di oltre 20 punti percentuali (23,5%) quella dei coetanei con cittadinanza italiana. Una componente significativa dei flussi migratori in Italia è poi rappresentata dai minori che viaggiano soli: il numero dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), censiti in Italia al 31 dicembre 2024, si attesta a 18.625 unità, prevalentemente maschi (88,4%).
Anche il livello di istruzione dei genitori si conferma decisivo nel determinare la condizione socio-economica della famiglia: più della metà dei minori (51,8%) con genitori che hanno solo la licenza di scuola media inferiore è a rischio povertà o esclusione sociale, mentre la percentuale scende al 10,3% per chi ha almeno un genitore laureato.
Diseguaglianze persistenti e nuove responsabilità
Nel corso dell’ultimo decennio gli sforzi condotti da un gran numero di Paesi per ridurre lo svantaggio socio-economico sono stati in parte resi vani anche dal perpetuarsi di guerre, conflitti e tensioni a livello globale che hanno afflitto intere popolazioni: deprivate dei beni di primaria necessità e immerse nell’incertezza del domani, finiscono per risultare vulnerabili. Oltre alle ormai dolorose note israelo-palestinesi e russo-ucraine, il riferimento va ai conflitti dimenticati dell’Africa con milioni di rifugiati che scappano dalle incursioni, a quelli in Afghanistan, in Siria, in Iraq e in molti altri Paesi che si trascinano in guerre locali che raramente assurgono all’onore dei media.

Complessivamente nel mondo si calcolano ben 26 aperte situazioni di conflitto che, scaturite prevalentemente da logiche d’interesse, contribuiscono ad accrescere il disagio di persone costrette a fuggire in massa dai loro territori. Ovviamente, chi ne paga le spese più ingenti sono i minori che, devastati dalle sofferenze, subiscono condizioni di instabilità se non addirittura di esposizione alla violenza. Alcune ricerche informano che nel mondo almeno 1 bambino su 5 vive in aree di conflitto e che si contano svariati milioni di minori sfollati che, a causa della guerra, non possono più andare a scuola. Ma chi ha davvero a cuore il massacro o la riduzione in povertà di giovani vite?
Bambini affamati di vita e libertà
Non si può sottovalutare o non prestare la dovuta attenzione al mondo dei minori: la loro vita e la loro educazione, costituendo investimenti a lungo termine, sono troppo importanti per la crescita e lo sviluppo di un Paese. Ed è proprio per il fatto di vedersi precludere l’opportunità di avvalersi di possibili preziosi contributi di forza-lavoro e di talenti, che la società deve assumersi il carico della formazione dei minori e offrire loro circostanze di crescita destinando ogni impegno possibile nella ricerca dei migliori piani d’intervento in campo educativo, pedagogico e sociale, contro ogni forma di difficoltà e discriminazione. Da qui la necessità di un percorso di responsabilizzazione, sia da parte di Istituzioni, Governi, Imprese che di semplici persone, affinchè, gli uni, intervengano con politiche di sostegno e mirate azioni strutturali tese a garantire a tutti i minori pari opportunità di crescita e inclusione, e gli altri, si adoperino per offrire il proprio contributo nella tessitura di una rete di solidarietà in cui la famiglia e il minore possano farne parte in qualità di attori.
Per il superamento del disagio socio-culturale e personale un ruolo determinante viene svolto dalla scuola, come veicolo di aggregazione, in cui il minore può cogliere l’occasione per collocarsi, tra gli altri, in modo dignitoso e stimolante. E dato che la povertà educativa subisce il negativo risvolto rappresentato dal perpetuarsi, in un circolo vizioso, della condizione di svantaggio culturale con conseguenti mancate opportunità professionali per più di una generazione, la scuola rappresenta il principale ambito di accoglienza per tutti i minori che intendano liberarsi da questa condizione. Ecco perchè nella lotta alla povertà educativa occorre intervenire sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza: trovare soluzioni che facilitino la transizione dei giovani alla vita adulta significa agevolarli nei processi di formazione, di autonomia e di sviluppo, promuovendo situazioni di cittadinanza attiva e solidarietà in nome dell’inclusione e della parità dei diritti.











